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Metaverso

Il metaverso è la rappresentazione digitale di un mondo (più o meno modellato sul mondo reale) all’interno del quale è possibile muoversi ed interagire attraverso dispositivi di vario tipo (dallo schermo del PC o dello smartphone ai visori specifici).

Si tratta di un fenomeno esistente da tempo e non necessariamente legato alla blockchain, e quindi non decentralizzato (ad esempio: VRChat o Meta, il metaverso di Facebook). Quando il metaverso è sviluppato sulla blockchain, ovvero attraverso smart contract, si parla di metaverso decentralizzato, il quale ha, come caratteristica tendenziale, quella di essere sviluppato su una struttura non modificabile da autorità o governi.

Il che rende possibile, in linea di principio, assicurare la titolarità di una identità digitale o di asset connessi al metaverso, che circolano attraverso NFT e possono quindi essere ceduti (a titolo oneroso) sulla blockchain.

Un esempio di asset digitale che può circolare in questo modo è rappresentato dalle land (terreni). Ad esempio, nel metaverso decentralizzato Decentraland è possibile acquistare una o più land, il cui prezzo (da pagare in token denominati Mana) è soggetto ad oscillazioni, proprio come nel mercato immobiliare tradizionale, così da consentire notevoli guadagni (e perdite).

Il diritto del metaverso è un territorio da esplorare ed in continua evoluzione. Così come per le criptovalute, manca una disciplina organica di riferimento, ed i singoli problemi devono essere affrontati con riguardo alla concreta operazione economica che si intenda porre in essere (compravendita di land/NFT, instaurazione di rapporti di lavoro/collaborazione, vendita di servizi digitali etc…).

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NFT e Fungible Token

Gli NFT (Non Fungible Token) sono strettamente legati al concetto di smart contract ed alla blockchain Ethereum. Un token, differentemente da una coin, è creato da uno smart contract, e costituisce, in termini semplificati, un “gettone” che attribuisce al titolare il diritto di utilizzare un determinato servizio (allo stesso modo in cui, fino a non molti anni fa, i gettoni telefonici davano diritto ad utilizzare le relative postazioni pubbliche): si parla in questo caso di utility token. Anche i token, così come le Coin, possono essere accettati come mezzo di scambio al di fuori del servizio nell’ambito del quale sono stati creati.

Coin e Token, così come le valute tradizionali, sono entità fungibili. Non vi è alcuna rilevanza o differenza per l’utente circa il fatto che venga scambiata una qualsiasi delle unità che fanno parte del sistema. Gli NFT sono, invece, token non fungibili: ciascuno di essi, infatti, è strutturato in modo da contenere un dato identificativo che lo rende diverso da tutti gli altri.

Si tratta, cioè, di veri e propri oggetti virtuali, i quali circolano sulla blockchain che ne garantisce unicità e titolarità. Sono il naturale strumento di circolazione delle opere d’arte digitali, che possono essere racchiuse, ad esempio, in un disegno digitalizzato, un video o una fotografia. Ma le applicazioni degli NFT non si limitano al campo dell’arte digitale: essi possono essere utilizzati quale criterio per individuare la titolarità di un bene del mondo reale (come, ad esempio, un quadro esistente nel mondo reale, così come qualsiasi altro bene). Allorché si voglia “ancorare” ad un NFT un bene esistente nel mondo reale occorre prestare particolare attenzione all’infrastruttura giuridica che garantisce la corrispondenza tra la titolarità digitale e la titolarità reale.

Dal punto di vista fiscale, il tema non è stato ancora affrontato, ma solo sfiorato dalla prassi fiscale (nella Circolare 110/2020), ed è quindi necessario interrogarsi circa la l’assoggettabilità ad IVA e la disciplina delle imposte dirette.

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Ethereum & Smart contract

Ethereum (ETH) è una criptovaluta, nata successivamente a Bitcoin, con cui condivide la caratteristica della decentralizzazione basata su tecnologia blockchain. Differentemente dalla blockchain di Bitcoin, ed in aggiunta a questa, la blockchain di Ethereum, oltre ad assicurare l’emissione e lo scambio di ETH, è caratterizzata dalla presenza di un computer virtuale decentralizzato, detto Ethereum Virtual Machine (EVM), che permea questa blockchain e consente l’esecuzione di programmi, detti Smart contract.

A dispetto della denominazione, essi non hanno nulla a che vedere con quello che nel mondo del diritto è definito “contratto”, ossia l’accordo di una o più parti destinato ad avere forza di legge per regolare un rapporto giuridico patrimoniale. Gli smart contract sono, invece, sequenze di istruzioni informatiche (programmi) destinati ad essere eseguiti dalla Virtual Machine (EVM) e, rispetto ai programmi informatici che tutti usiamo quotidianamente, la loro caratteristica principale sta nel fatto che il loro controllo e la loro esecuzione è (in qualche misura, anche se non necessariamente in modo completo) sottratta al controllo del suo autore, in quanto le line di codice sono memorizzate sulla blockchain, quindi immodificabili.

L’idea di base dello Smart contract (di qui, probabilmente, l’impropria assonanza con un “contratto”), è che l’esecuzione di una determinata operazione (si usa, come esempio, il pagamento di un risarcimento del danno da parte di un’assicurazione) non sia revocabile o arrestabile da parte del soggetto che si è obbligato ad eseguirla.

Anche la disciplina normativa italiana riflette questo equivoco di fondo. La definizione contenuta nell’art. 8ter del DL 135/2016 parla di “programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”. Da un lato, infatti, si parla di “vincolo automatico” tra le parti (cosa evidentemente impossibile nel nostro ordinamento giuridico, oltre che per il senso comune); dall’altro lato, e nella stessa frase, si precisa però che gli effetti sono “predefiniti dalle stesse”, tornando, così, nell’alveo del contratto definito dal codice civile (art. 1321).

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Bitcoin

Bitcoin (BTC) è la prima (sia in ordine cronologico che per capitalizzazione) valuta digitale decentralizzata (criptovaluta). La criptovaluta, che può anche definirsi Coin, a dispetto del nome, ha ben poco in comune con le valute tradizionali FIAT (Euro, Dollaro USA etc.), in quanto non è emessa né garantita da alcuna banca centrale, né, salvo rare eccezioni, ha corso legale, e non deve quindi essere obbligatoriamente accettata come mezzo di pagamento negli Stati nazionali.

Il Bitcoin viene infatti volontariamente accettato come mezzo di scambio. Ciò in quanto l’emissione di Bitcoin e la loro circolazione avviene grazie ad un registro decentralizzato condiviso, suddiviso in blocchi concatenati l’uno con l’altro in una sequenza cronologica non modificabile (blockchain BTC).

Il registro garantisce, da un lato, che il numero dei bitcoin complessivamente “in circolazione”, ovvero “spendibili” sia definito e quindi pari ad una quantità certa, destinata ad incrementare nel corso del tempo con precise modalità (legate alla proof of work), e, dall’altro, che nessuno possa spendere più Bitcoin di quanti ne risultino nella propria titolarità.

Il Bitcoin può essere acquistato tra privati o da un Exchange, ad un prezzo medio (in valute FIAT) soggetto a notevoli oscillazioni nel tempo. È naturalmente possibile realizzare dei margini grazie a queste oscillazioni, ed ecco perché l’ordinamento giuridico statale si pone il problema del relativo regime fiscale.

Il Fisco italiano dopo aver assimilato, in passato, le criptovalute alle valute estere, assoggettandole  al medesimo regime fiscale, le considera oggi ricomprese in una nuova categoria definita “criptoattività” dalla Legge di Bilancio 2023, assoggettandole ad una imposta specifica.

La disciplina italiana antiriciclaggio (art. 1, comma 2, lettera qq del D.lgs. 231/2017) definisce la “valuta virtuale” come una “rappresentazione digitale di valore” da usare come “mezzo di scambio” o per “finalità di investimento”. Dunque, in base alla stessa legge italiana, e nel solco delle indicazioni promananti dalle Istituzioni europee, nulla a che vedere con le valute estere, che per loro natura sono un “mezzo di pagamento” e non un “mezzo di scambio”.

Chiunque intenda operare con Bitcoin deve quindi prestare particolare attenzione alla rilevanza giuridica che ogni operazione in criptovalute può avere nello stato nazionale in cui opera. In particolare, occorre essere consapevoli che la medesima operazione può avere una qualificazione giuridica differente a seconda del diverso settore dell’ordinamento giuridico che di volta in volta la considera (fiscale, civilistico, commerciale, regolamentare etc.).

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